Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/96

Da Wikisource.
90 canto


24
     Del palafreno Angelica giú scese,
e scendere il pastor seco fece anche.
Pestò con sassi l’erba, indi la prese,
e succo ne cavò fra le man bianche;
ne la piaga n’infuse, e ne distese
e pel petto e pel ventre e fin a l’anche:
e fu di tal virtú questo liquore,
che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore;

25
     e gli diè forza, che poté salire
sopra il cavallo che ’l pastor condusse.
Non però volse indi Medor partire
prima ch’in terra il suo signor non fusse.
E Cloridan col re fe’ sepelire;
e poi dove a lei piacque si ridusse.
Et ella per pietá ne l’umil case
del cortese pastor seco rimase.

26
     Né fin che nol tornasse in sanitade,
volea partir: cosí di lui fe’ stima,
tanto se intenerí de la pietade
che n’ebbe, come in terra il vide prima.
Poi vistone i costumi e la beltade,
roder si sentí il cor d’ascosa lima;
roder si sentí il core, e a poco a poco
tutto infiammato d’amoroso fuoco.

27
     Stava il pastore in assai buona e bella
stanza, nel bosco infra duo monti piatta,
con la moglie e coi figli; et avea quella
tutta di nuovo e poco inanzi fatta.
Quivi a Medoro fu per la donzella
la piaga in breve a sanitá ritratta:
ma in minor tempo si sentí maggiore
piaga di questa avere ella nel core.