Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/98

Da Wikisource.
92 canto


32
     Oh se potessi ritornar mai vivo,
quanto ti parria duro, o re Agricane!
che giá mostrò costei sí averti a schivo
con repulse crudeli et inumane.
O Ferraú, o mille altri ch’io non scrivo,
ch’avete fatto mille pruove vane
per questa ingrata, quanto aspro vi fôra,
s’a costu’ in braccio voi la vedeste ora!

33
     Angelica a Medor la prima rosa
coglier lasciò, non ancor tocca inante:
né persona fu mai sí aventurosa,
ch’in quel giardin potesse por le piante.
Per adombrar, per onestar la cosa,
si celebrò con cerimonie sante
il matrimonio, ch’auspice ebbe Amore,
e pronuba la moglie del pastore.

34
     Fêrsi le nozze sotto all’umil tetto
le piú solenni che vi potean farsi;
e piú d’un mese poi stero a diletto
i duo tranquilli amanti a ricrearsi.
Piú lunge non vedea del giovinetto
la donna, né di lui potea saziarsi;
né per mai sempre pendergli dal collo,
il suo disir sentia di lui satollo.

35
     Se stava all’ombra o se del tetto usciva,
avea dí e notte il bel giovine a lato:
matino e sera or questa or quella riva
cercando andava, o qualche verde prato:
nel mezzo giorno un antro li copriva,
forse non men di quel commodo e grato,
ch’ebber, fuggendo l’acque, Enea e Dido,
de’ lor secreti testimonio fido.