Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/334

Da Wikisource.

CANTO QUARANTESIMOQUINTO


1
     Quanto piú su l’instabil ruota vedi
di Fortuna ire in alto il miser uomo,
tanto piú tosto hai da vedergli i piedi
ove ora ha il capo, e far cadendo il tomo.
Di questo esempio è Policráte, e il re di
Lidia, e Dionigi, et altri ch’io non nomo,
che ruinati son da la suprema
gloria in un dí ne la miseria estrema.

2
     Cosí all’incontro, quanto piú depresso,
quanto è piú l'uom di questa ruota al fondo,
tanto a quel punto piú si trova appresso,
c’ha da salir, se de’ girarsi in tondo.
Alcun sul ceppo quasi il capo ha messo,
che l'altro giorno ha dato legge al mondo.
Servio e Mario e Ventidio l’hanno mostro
al tempo antico, e il re Luigi al nostro:

3
     il re Luigi, suocero del figlio
del duca mio; che rotto a Santo Albino,
e giunto al suo nimico ne l’artiglio,
a restar senza capo fu vicino.
Scórse di questo anco maggior periglio,
non molto inanzi, il gran Matia Corvino.
Poi l’un, de’ Franchi, passato quel punto,
l’altro al regno degli Ungari fu assunto.