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canto quarto. 95

Del segno ancora io lo faceva accorto,
Col qual volea dal lito a lui mostrarmi,
Acciò stando sul mar tuttavia sôrto,
Mandasse il palischermo indi a levarmi;
Ed, all’incontro, il segno che dovessi
Farmi egli nella lettera gli espressi.

71 Ben fu Gualtier della ventura lieto,
Chè se gli apría la strada alla vendetta.
Fe che tornar non potè il messo, e, cheto,
Dov’era un suo fratel se n’andò in fretta,
E lo pregò che gli armasse in segreto
Un legno di fedele gente eletta.
Avuto il legno, il buon Gualtiero corse
Al capo di Lusarte,1 e quivi sôrse.

72 Vicino a questo mar sedea la rôcca,
Dov’io aspettava in parte assai selvaggia,
Sì ch’apparir veggo lontan la cocca
Col segno da me dato in sulla gaggia:
Io, d’altra parte, quel ch’a me far tocca
Gli mostro dalla torre e dalla spiaggia.
Manda Gualtier lo schifo, e me raccoglie,
Ed un scudier c’ho meco, e la sua moglie.

73 Nè lui nè alcun de’ suoi ch’io conoscessi,
Prima scopersi che sul legno fui;
Ove lasciando a pena ch’io dicessi
— Dio ajutami, — pigliar mi fece ai sui,
Che come vespe e calabroni spessi
Mi s’avventaro; e comandando lui,
In mar buttârmi, ove già questa fera,
Come Alcina ordinò, nascosa s’era.

74 Così ’l peccato mio brutto e nefando,
Degno di questa e di più pena molta,
M’ha chiuso qui, donde di come e quando
Io n’abbia a uscir, ogni speranza è tolta;
Quella protezïon tutta levando,
Che San Giovanni avea già di me tolta. — 2
Poich’ebbe così detto, allentò il freno
Astolfo al pianto, e bagnò il viso e ’l seno.


  1. Il Barotti: «di Lesardo.»
  2. Quando, cioè, gli concesse di riavere il perduto suo senno come si favoleggia nel can. XXXIV del Furioso, in ispecie alla st. 86, dove si fa allusione a a questo peccato d’amore che venne di nuovo a privarnelo.