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CANTO QUINTO.




ARGOMENTO.


               Mentre a battaglia il barbaro già stringe
          Carlo, Marfisa ancor contra lui move:
          E Malagigi i rei demon costringe
          A palesar di Gan l’inique prove.
          Contra Rinaldo, intanto, Orlando spinge
          L’esercito, e fan guerra insieme altrove.
          L’imperador vien rotto; e alfin, cascato
          Nel fiume, a riva è dal destrier portato.

1 Un capitan che d’inclito e di saggio
E di magno e d’invitto il nome merta,
Non dico per ricchezze o per lignaggio,
Ma perchè spesso abbia fortuna esperta;
Non si suol mai fidar sì nel vantaggio,
Che la vittoria si prometta certa:
Sta sempre in dubbio ch’aver debbia cosa
Da ripararsi il suo nimico ascosa.

2 Sempre gli par veder qualche secreta
Fraude scoccar, ch’ogni suo onor confonda;
Che pur là dove è più tranquilla e queta,
Più perigliosa è l’acqua e più profonda:
Perciò non mai prosperità sì lieta
Nè tal baldanza a’ suoi desir seconda,
Che lasciar voglia gli ordini e i ripari
Che faría avendo uomini e Dei contrari.

3 Io ’l dirò pur, sebbene audace parlo,
Che quivi errò quel sì laudato ingegno,
Col qual paruto era più volte Carlo
Saggio e prudente e più d’ogni altro degno:
Ma il vincer Cardorano, e vinto trarlo,
Glorïoso spettacolo, al suo regno,
Quivi gli avea così occupati i sensi,
Ch’altro non è che ascolti, vegga e pensi.

4 Nè si scema sua colpa, anzi augumenta,
Quando di Gano il mal consiglio accusi.