Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/46

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canto primo. 17

E gli fece veder tutto raccolto
In larga piazza il gran popol cristiano,
Che gli occhi lieti avea fissi nel volto
D’Orlando e del signor di Mont’Albano,
Ch’in veste trionfal, cinti d’alloro,
Sopra un carro venían di gemme e d’oro.

54 Tutta la nobiltà di Chiaramonte
Sopra bianchi destrier lor venía intorno:
Ognun di lauro coronar la fronte,
Ognun vedea di spoglie ostili adorno;
E la turba con voci a lodar pronte
Gli parea udir, che benediva il giorno
Che, per far Carlo a null’altro secondo,
La valorosa stirpe venne al mondo.

55 Poi di veder il popolo gli è avviso,
Che si rivolga a lui con grand’oltraggio,
E dir si senta molta ingiuria in viso,
E codardo nomar, senza coraggio;
E con batter di man, sibilo e riso,
S’oda beffar con tutto il suo lignaggio;
Nè quei1 di Chiaramonte aver più loda,
Che li suoi biasmo, par che vegga ed oda.

56 In questa visïon l’Invidia il core
Con man gli tocca più fredda che neve;
E tanto spira in lui del suo furore,
Che ’l petto più capir non può nè deve.
Al cor pon delle serpi la peggiore,
Un’altra onde l’udito si riceve,
La terza agli occhi; onde di ciò che pensa,
Di ciò che vede ed ode ha doglia immensa.

57 Dell’aureo albergo essendo il sol già uscito,
Lasciò la visïon e il sonno Gano,
Tutto pien di dolor dove sentito
Toccar s’avea con la gelata mano.
Ciò che vide dormendo, gli è scolpito
Già nella mente, e non l’estima vano;
Non false illusïon, ma cose vere
Gli par che gli abbia Dio fatto vedere.

58 Da quell’ora il meschin mai più riposo

  1. Non ci parve confacevole al senso la variante che trovasi nelle edizioni del Pezzana e del Molini: «Che quei.»