Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/310

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300 la lena.

Or va; non perder tempo. Odi, se avessino
Un agnel buono... Eh no, fia meglio venderlo.
Va, va... Pur troppo...
Lena.                                    Sì, era un miracolo
Che diventato voi foste sì prodigo!
Fazio.Buondì, Lena.
Lena.                       Buondì e buon anno, Fazio.
Fazio.Ti levi sì per tempo? che disordine
È questo tuo?
Lena.                        Saría ben convenevole,
Che poi che voi mi vestite sì nobile-
mente, e da voi le spese ho sì magnifiche,
Che fino a nona io dormissi a mio comodo,
E ’l dì senza far nulla io stessi in ozio.
Fazio.Fo quel ch’io posso. Lena; maggior rendite
Delle mie a farti cotesto farebbono
Bisogno: pur, secondo che si stendono
Le mie forze, mi studio di farti utile.
Lena.Che util mi fate voi?
Fazio.                                    Questo è il tuo solito,
Di sempremai scordarti i beneficii.
Sol mentre ch’io ti do, me ne ringrazii;
Tosto c’ho dato, il contrario fai subito.
Lena.Che mi deste voi mai? Forse ripetere
Volete ch’io sto qui senza pagarvene
Pigione?
Fazio.                Ti par poco? Son pur dodici
Lire ogni anno coteste; senza il comodo
C’hai d’essermi vicina. Ma tacermelo
Voglio per non parer di rinfacciartelo.
Lena.Che rinfacciar? che se talor vi avanzano
Minestre o broda, solete mandarmene?
Fazio.Anch’altro, Lena.
Lena.                              Forse una o due coppie
Di pane il mese, o un poco di vin putrido?
O di lassarmi tôrre un legno picciolo,
Quando costì le carra se ne scarcano?
Fazio.Hai ben anch’altro.
Lena.                                   Ch’altro ho io? deh, ditelo.
Cotte di raso o di velluto?
Fazio.                                             Lecito
Non saría a te portarle, nè possibile