Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/367

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atto primo. — sc. i. 357

Margar.Lasci andar, nè però si dia molestia;
Potrà ben...
Balia.                    Quando potrà ben, se in quindici
O trenta dì non può?
Margar.                                    Se ne ritrovano,
Intendo, alcuni che stan così deboli
Gli anni, e ritornan poi come prima erano.
Balia.Gli anni? Signor! Dunque debbe ella attendere
A bocca aperta, che le biade naschino
E si maturin poi, s’ella dee pascersi?
Non era meglio che sedessi in ozio
In casa di suo padre, che venirsene
La misera a marito, non dovendoci
Aver se non mangiar, vestire e simili
Cose, ch’aver poteva in abbondanzia
Col padre ancora?
Margar.                                Qualche trista femmina
Con cui lo sposo avrà già auto pratica,
L’averà così guasto per invidia:
Ma pur sono a tal cose dei rimedii.
Balia.Provati se ne sono e se ne provano
Tuttavía molti, e par che nulla vaglino.
Ben ci viene uno che in tal cose dicono
Che sa molto e che fa prove mirabili;
Ma sin qui non gli ha già fatto alcun utile:
Sicchè di peggio che malía mi dubito,
E che gli manchi ben puômmi tu intendere.
Margar.Ben saría meglio che data l’avessino
A Camillo, che tante volte chiedere
La fece lor. Perchè gliela negarono?
Perchè Cintio è più ricco?
Balia.                                             Differenzia
Di roba è poca tra loro: anzi il fecero
Perchè fin da i primi anni fra i due suoceri
Fu sempre una strettissima amicizia.
Ben se ne son pentiti; e se potessino
Le cose che son ite, addietro volgersi
La seconda fïata, voglio credere
Che meglio della prima si farebbono.
Ma ecco che vien fuor di casa Fazio.
Vien dentro tu. Non vô questa seccaggine
Ci coglia qui, che sempre vuole intendere