Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/375

Da Wikisource.

atto primo. — sc. iii. 365

È cotesto.
Fazio.                  U’ si vede far?
Temolo.                                           Nel popolo
Nostro.
Cintio.             Non date udienza alle sue chiacchiere,
Che ci dileggia.
Fazio.                            Io vô saperlo: narraci
Pur come.
Temolo.                      Non vedete voi, che subito
Un divien podestade, commissario,
Provveditore, gabelliere, giudice,
Notajo, pagator degli stipendii,
Che li costumi umani lascia, e prendeli
O di lupo o di volpe o di alcun nibbio?1
Fazio.Cotesto è vero.
Temolo.                          E tosto ch’un d’ignobile
Grado, vien consigliere o segretario,
E che di comandar agli altri ha ufficio,
Non è vero anco che diventa un asino?
Fazio.Verissimo.
Temolo.                 Di molti che si mutano
In becco vô tacer.
Cintio.                                Cotesta, Temolo,
È una cattiva lingua.
Temolo.                                    Lingua pessima
La vostra è pur, che favole mi recita
Per cose vere.
Cintio.                         Dunque, non vuoi credere
Che costui faccia tali esperïenzie?
Temolo.Anzi, che di maggior ne faccia, credere
Vi voglio, quando con parole semplici,
Senza aver dimostrato pur un minimo
Effetto, può cavar di mano a Massimo
Quando danari e quando roba. Or essere
Potría prova di questa più mirabile?
Cintio.Tu cianci pur, nè rispondi a proposito.
Temolo.Parlate cose vere, o che si possino
Credere almeno; e come è convenevole
Risponderòvvi.
Cintio.                         Dimmi questo: credi tu


  1. Ed. Giol.: nibio.

31°