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424 la scolastica.

Che le1 sian date da qualche lor emulo,
Come fe Plauto e come fe Terenzio;
Ma si son posti a scalcheggiar2 le femmine
A dritto ed a rovescio, pur toccandole
Quanto posson nel vivo, ed in quel proprio
Che non è bel da scriver. Nè comprendono
Come l’impresa sia di poca gloria;
Chè si sa ben com’elle sono facili
Da superar, chè addietro si rovesciano
Per poca spinta e non senza pericolo:
Chè se ben non si rompon spalla o gombito,
Avvien per la caduta che si gonfiano
Spesso sì forte, che par un miracolo.
Adunque, in vece d’argomento scrivere,
Risponder a calunnie e donne offendere,
Farà il prologo nostro un altro officio.
Io dico, che poc’anzi il vostro comico
Che rendesse3 alla terra il corpo, e l’anima
All’eterno Motor, una Commedia
Aveva principiata, e preparavasi,
Com’avea fatto l’altre, trarla all’ultimo:
Però ch’avéa sempre intento l’animo
A farsi grata la mente del prencipe,
Di forastieri, cittadini e nobili,
Che di sue finzïon tutti godeano;
E più volte n’avéan goduto in pubblico
Ed in privato, tal che ancor sen laudano.
Esso dunque mancato, mancò l’esito
Alla favola, non già il desiderio
A chi n’aveva veduto il principio.
Di qui nacque, che molti amici intrinseci
Del mancato poeta, si voltorono
All’un dei tre fratelli che superstiti
Gli restaron, pregandolo e strignendolo
Che volesse dar fine a questa favola.


  1. L’ediz. del Grifio ha, forse men male: li (a cui, per errore, séguita: fian). I moderni corressero: lor. Che a Gabriele però fosse abituale cotesto error di grammatica, ne dànno indizio anche i versi 21, 22 e 24 della seguente pag. 426.
  2. Qui per maltrattare, malmenare, come spiegava il Brambilla in un luogo del Boccaccio, a cui pur accadde di usar questa voce nella controversa, pur sempre antica, Lettera al Priore dei Santi Apostoli.
  3. Che poc’anzi che il vostro comico rendesse ec.