Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/131

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[75]
Dietro lampeggia a guiſa di baleno:
     Dinazi ſcoppia, e mada in aria il tuono:
     Triema le mura, e ſotto i pie il terreno:
     Il ciel ribomba al pauentoſo ſuono:
     L’ardete ſtral che ſpezza e venir meno
     Fa ciò ch’incótra, e da a neſſun pdono:
     Sibila e ſtride: ma come e il deſire
     Di quel brutto affaffin: non va a ferire.

[76]
O ſia la fretta, o ſia la troppa voglia
     D’uccider quel barò ch’errar lo faccia.
     O ſia che il cor tremando come ſoglia
     Faccia iſieme tremare e mani e braccia,
     O la bontá diuina, che non voglia
     Che ’l ſuo fedel campion ſi toſto giaccia
     Quel colpo al vètre del deſtrier ſi torſe
     Lo caccio í terra onde mai piú nò ſorſè,

[77]
Cade a terra il cauallo e il caualliero,
     La preme l’un, la tocca l’altro apena:
     Che ſi leua ſi deſtro, e ſi leggiero
     Come creſciuto gli ſia poſſa e lena:
     Quale il Libico Antheo ſemp piú fiero
     Surger ſolea da la percoſſa arena,
     Tal furger parue, e che la ſorza, quando
     Tocco il terren, ſi radoppiaffe a Orlado.

[78]
Chi vide mai dal ciel cadere il ſoco
     Che co ſi horrèdo ſuon Gioue diſſerra?
     E penetrare, oue vn richiuſo loco
     Carbon co zolfo e con ſalnitro ferra?
     Ch’ apena arriua, a pena tocca vn poco:
     Clí par ch’auapi il ciel non che la terra:
     Spezza le mura, e i graui marmi ſuelle,
     E fa i faſſi volar fin’ alle ſtelle.

[79]
S’ imagini che tal poi che cadendo
     Tocco la terra il Paladino foſſe,
     Con ſi fiero ſembiante aſpro & horrèdo:
     Da far tremar nel ciel Marte ſi moſſe:
     Di che ſmarito il Re Friſon torcendo
     La briglia in dietro per ſuggir voltoſſe:
     Ma gli ſu dietro Orlando con piú fretta,
     Che non eſce da l’arco vna ſaetta.

[80]
E quel che non hauea potuto prima
     Fare a cauallo, hor fará eſſendo a piede
     Lo ſeguita ſi ratto, ch’ogni ſtima
     Di chi noi vide ogni credenza eccede,
     Lo giunſe in poca ſtrada, & alla cima
     In- l’elmo alza la ſpada, e ſi lo ſiede,
     Che gli parte la teſta fin’ al collo,
     E in terra il manda a dar l’ultimo crollo.

[81]
Ecco leuar ne la citta ſi ſente
     Nuouo rumor, nuouo menar di ſpade:
     Che ’l cugin di Bireno con la gente
     C hauea condutta da le ſue contrade:
     Poi che la porta ritrouo patente:
     Fra venuto dentro alla cittade,
     Dal paladino in tal timor ridutta,
     Che ſenza itoppo la può ſcorrer tutta.

[82]
Fugge il populo in rotta: che no ſcorge
     Chi queſta gente ſia: ne che domandi:
     Ma poi ch’uno & vn’ altro pur s’accorge
     All’habito e al parlar che ſon Selandi,
     Chiede lor pace, e il ſoglio biaco porge
     E dice al capitan che gli comandi,
     E dar gli vuol contra i Friſoni aiuto:
     Che ’l ſuo duca i prigion gli ha ritenuto.