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SESTA 65

Ma gli par che, non dando il suo consenso
     A quel che approvan gli altri, mostri ingegno
     Da penetrar più su che ’l cielo immenso.
Se Niccoletto, o fra Martin fan segno
     D’infedele o d’eretico, n’accuso
     Il sottil studio, e men con lor mi sdegno:
Perchè salendo l’intelletto in suso
     Per veder Dio, non de’ parerci strano,
     Se talor cade giù cieco e confuso.
Ma tu, del qual lo studio è tutto umano,
     E son li tuoi soggetti i boschi, i colli,
     Il mormorar d’un rio che righi il piano;
Cantare antichi gesti, e render molli
     Con prieghi animi duri, e far sovente
     Di false lodi i Principi satolli;
Dimmi, che trovi tu, che sì la mente
     Ti debba avviluppar, sì torre il senno,
     Che tu non creda come l’altra gente?
Il nome, che d’Apostolo ti denno,
     O d’alcun minor Santo i padri, quando
     Cristiano d’acqua e non d’altro ti fenno,
In Cosmico, in Pomponio vai mutando;
     Altri Pietro in Pierio; altri Giovanni
     In Jano, e in Jovian va racconciando;
Quasi che ’l nome i buon giudici inganni;
     E che quel meglio t’abbia a far poeta,
     Che non farà lo studio di molt’anni.