Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/121

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foragli il tetto, se voi bene a'l tuo patrone. à me poi alcuno mi porti una facella accesa. et io hoggi farò che uno de loro patisca la pena, quantunque molto siano superbi.
Dis.
Oime, oime.
Str.
A te appartiene ò facella mandare molto assai fiamma.
Dis.
Che fai tu huomo?
Str.
Che cosa fò? niente altro se non che me ne stò à guardare ne i travi de la casa.
Dis.
Oime, chi è quello ch'abbruscia la nostra casa?
Str.
Colui à chi havete tolta la vestimenta.
Dis.
Tu ne disfai, tu ne rovini.
Str.
Et voglio ben proprio questo, se la zappa non mi guasta la speranza, ò che piu presto io à qualche fogia mi soffocarò cadendo.
Dis.
Tu che fai, dì il vero, quì sotto a'l tetto?
Str.
Passegio per l'aere et stò à considerare il Sole.
Soc.
Oime meschino, sventurato mi soffocarò.
Str.
In che tu essendo dotto, hai fatto inguria à i dei.
Cher.
Et io anchora mal'aventurato sarò brusciato.
Str.
Et guardavate la sedia de la Luna. Spengi, gitta, batti per molti rispetti: et specialmente sapendo che io ingiuriava i dei.
Coro.
Andate fuora, che hoggi havemo assai bene ballato.


Il fine de le Nebule.