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Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/282
- La.
- Son di mala voglia.
- Di.
- Et io ho affanno.
- La.
- Che mi conturbi tu?
- Di.
- Che mi mordi tu?
- La.
- Povero me, la scaramuccia, e la grace concursione.
- Di.
- Qualch’uno ha cercato le comparationi de libami.
- La.
- Oime, oime, Peone Peone.
- Di.
- Peonia adesso non si ritrova.
- La.
- Pigliatemi, pigliate le gambe mie, oime pigliatemi ò dilettissimi.
- Di.
- E voi pigliatemi ambedue in mezzo de la caviglia, ò dilettissime.
- La.
- La testa mi duole percossa da la pietra, le tenebre mi offuscano.
- Di.
- Et io voglio dormire, e dogliomi, e le tenebre mi offuscano.
- La.
- Portatemi fuora in quello di Pittalo con l'Apollinari mani.
- Di.
- Portatemi a li giudici, dove è il re, datemi l'olla mia, ò la pelle in premio.
- La.
- Alcun mi ha cacciato la lancia per le ossa, onde ne piango io.
- Di.
- Vedete voi questo luogo vacuo?
- Di.
- Tenella e Callinico.
- Di.
- Tenella se pur ò vecchio dici Callinico io ho pigliato la tazza, da devere il puro liquore.
co.
-