Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/506

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D’ARISTOFANE. 253
lo dirai à tutti, e non vi lasciarai nessuno, hor liberamente chiamerai il vecchio, la giovanetta à cena. à tutti è apparecchiato. se n’anadaranno à casa. Io gia me n’anderò presto à cena, havendo questa mia facella. che dunque ritardi havendola? ma non meni costoro? fra questo mezzo che discendi tu, io canterò qualche canto cenativo. io mi voglio però consultar un poco con i giudici, e con i sapienti che ricordandosi de sapienti mi giudichino, e con quelli che ridono dolcemente, che con riso mi giudichino. Manifestamente vi dico à tutti che mi giudicate, e non è la sorte causa à noi di quello ch’io ho sortito. ma ricordandosi di queste cose non bisogna piu giurar falso, ma giudicar i cori bene e dirittamente sempremai, ne assomigliarsi di costume à le male putane, che solamente hanno memoria de le cose ultime. ò, ò, è hora donne mie care, se vogliamo far la cosa, movetevi, à cena prestamente. e tu presto muove i piedi.
Sem.
Volentieri, e io muovo le mie gambe. prestamente vengono olle, persutti, cartilaginei, musteli, reliquie di come con agro e aspero intrito, lasero impostovi dentro de’l miele, squassacoda, merolo, columbe, capi de galli à rosto con intinto di motacille, di columbe, di lepori, insperso con le ale. e tu udendo queste cose presto presto piglia la scuotella, poi piglia e ordina un’ovo,