Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/75

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Str.
Hor sù, Giove celeste poi, non è à noi dio in terra?
Soc.
Qual Giove? nò: non cianciare: non gli è Giove.
Str.
Che dici tu? mò chi fà piovere? mostrami un poco frà le altre cose questo in prima.
Socr.
Queste in ogni luogo sono, e con gran segni farrolloti sapere, vien quà, ove hai tu mai veduto piovere senza nuvoli? e pur à la serenità questo piovere bisognava, e questi nuvoli andar via.
Str.
Per lo dio Apolline, con questo parlare tu bene hai parlato, et in prima in prima veramente pensava, che Giove pissasse per un crivello. ma chi è colui che tuona? dimi. questo mi fà tremare.
Socr.
Queste nebule tuonano, l’una con l’altra involte.
Str.
A che modo, ò tu che d’ogni cosa vuoi impazzarti?
Socr.
Quando sono piene d’aqua assai, et sono costrette andarsene con rovina gonfie di piogia, secondo che dio vuole, poi grevi l’una con l’ultra abbattendosi si spezzano con furore, et strasonano.
Str.
Chi è poi quello che le costrigne? non è egli Giove per farle andare?
Socr.
Non, anzi è l’etereo turbine.
Str.
Turbine? non sapeva questo. Giove che non gli è, et per esso il turbine, che adesso regna. ma non anchora m’hai insegnato de’l strepito, et tuono.
Socr.
Tu non m’hai udito, che dico, che le nebule d’aqua piene, abbattendosi l’una con l’altra, fan cre-