Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/125

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— Ah! in verità lasciatemelo dire, nonno, se io non conoscessi Noemi, dovrei temere che voi vogliate farmi capire qualche cosa di orribile.

— Mi pare d’aver detto che non parlavo nè di te, nè di Noemi; parlavo in generale...

— Dunque è una discussione che volete fare?

— Perchè no?

— Facciamola pure.

— Credi tu che il dovere basti sempre e in ogni caso a preservare dalla passione?

— Io sì lo credo. A me basta.

— Ecco l’errore. Alle donne non può, nè deve bastare.

— Alle donne perdute!

— No... alle donne che si perdono. Si chiama perduta la donna quando ha già mancato al dovere. Ma prima... quand’essa sta per cadere, e potrebbe essere salvata forse da una parola, da un filo...?

— Fantasticherie! — disse il Dal Poggio.

— Chi lo direbbe! — sclamò il nonno giungendo le mani — A novant’anni udirsi dire: fantasticherie da un uomo di quarantacinque. Chi lo direbbe!

— Io non vado a cercar cinque ruote in un carro; la mia morale non fa tante distinzioni. E in ciò la penso appunto come i filosofi antichi. La donna che tradisce i suoi doveri merita la morte. E anche il codice francese mi dà ragione, coll’impunità del marito che uccide l’adultera.

— Si vede, Emanuele, che hai studiato di legge, e che non puoi staccarti dall’idea della pena. Non