Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/262

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Allora ripigliava forza l’idea di staccarsi da Emilio e di sagrificarsi. Ma non l’aveva formata del tutto che la rigettava lungi da sè come impossibile... Avanti dunque, povera mente, a cercar un mezzo di salvezza e di calma. Come cavallo sfrenato che galoppa galoppa attraverso campi e foreste per la notte buia nelle leggende di Germania, la fantasia della sventurata correva, inseguita dai cento fantasmi che non dovevano più lasciarle nè tregua nè pace.


Quando Dio permise ella si ricordò che il nonno aveva chiesto poco prima di lei, e si levò per andar nella sala a tenergli compagnia. Si guardò nello specchio; ravviò colle palme i capelli un po’ incomposti e che portavano ancora qua e là qualche traccia delle carezze di Emilio, e si volgeva per avviarsi... quando l’uscio del gabinetto si aperse ventilando, ed ella vide entrar suo marito... e dovette retrocedere un passo e appoggiarsi al bracciuolo della sedia per non cadere di spavento.

— Fermatevi; — aveva detto il Dal Poggio con voce sorda, lanciandole uno sguardo di inenarrabile disprezzo. I suoi occhi avevano dei bagliori d’una luce così sinistra e feroce, che la sventurata donna, non potendo reggerne la vista, dovette chinar a terra i suoi.

— Sedetevi in quella scranna; — riprese il marito incrociando, come usava, le braccia sul petto...

— Avete capito? — replicò fra i denti vedendo che Noemi non si moveva.