Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/281

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Fatta questa determinazione, la povera donna si sentì animata da un coraggio di cui non si sarebbe mai creduta capace. Gli è che in ogni periodo di patimenti morali c’è un punto in cui, quando la sventura è giunta al colmo, l’anima quasi stanca di soffrire, si ribella al dolore, e si adagia in una specie di tranquilla sicurezza.

Chi oserebbe credere che Noemi — dopo che ebbe sofferto l’ultimo e più atroce improperio di suo marito — chi oserebbe credere che provasse, non dico una schietta, ma una viva contentezza?

Inestricabile laberinto del cuore, irto di contraddizioni e di stranezze, come sono misteriose le sorgenti donde ti viene la felicità od il dolore!

Eppure, pensandoci, non poteva essere altrimenti. L’anima nostra, più che di ogni altro tormento, soffre di una penosa incertezza. Di questa ormai Noemi era liberata. Suo marito sapeva tutto; aveva sfogata la sua collera; non l’aveva uccisa... Il dubbio, il rimorso, lo spavento che da tanto tempo le stringevano il cuore, erano cessati a un tratto. E quasi a render più completa e più forte la sua sicurezza, e a confermarla nella sua fatale risoluzione, ella aveva dovuto ascoltare da quell’uomo tali parole che rendono impossibile qualunque riavvicinamento, qualunque perdono.

Da quel punto l’antipatia, che aveva sempre risentita per lui, si era mutata in vero odio, in abborrimento spiegato e profondo. E, ciò che più conta, ciò che può dar la misura per giudicar rettamente