Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/311

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la sua persona c’era un indefinibile languore; quel languore — come dice Byron — che non è riposo, e che negli infelici dissimula a stento la stanchezza d’un’anima che non ha più speranza, e che sta rassegnata sotto una sventura senza rimedio. Vi fu un momento, dopo un lungo silenzio, in cui suo marito le mostrò un elegante canotto a tre vele che orzava velocissimo a poca distanza. Ella staccò lo sguardo dall’orizzonte lombardo, guardò un momento quell’oggetto che attirava la curiosità di tutti gli altri passeggieri, e tornò subito a rimirar l’orizzonte come se là, in cielo, andasse cercando un’immagine, o una rimembranza. La sua anima non era quaggiù; una contemplazione più sublime non le lasciava volgere l’attenzione a ciò che le stava intorno. Indifferente perfino alle bellezze della natura, la mesta andava forse ascoltando nell’aura che scherzava nei suoi capelli una più celeste armonia.

Quando si fu quasi a Intra — la Manchester del Piemonte — ella si levò, e s’avvicinò alla sponda destra del battello per osservare i passeggieri che dovevano montare. Allora il suo volto si animò, e i suoi occhi vagarono a cercare nella folla una fisonomia conosciuta. Infatti quand’ella scòrse venir da lontano un vecchio e una giovine donna con un bambino in braccio, sul labbro della bella malinconica fiorì un ineffabile sorriso di gioia.

— Eccoli; — disse, stringendo il braccio di suo marito che l’aveva seguita, e additando gli aspettati che venivan giù frettolosi per la china dell’imbarcadero.