Pagina:Arrighi - La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Redaelli, 1862.djvu/63

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rappresentavano così, in casa Firmiani, la terza generazione.

Il secondogenito era sempre vissuto con suo padre in casa Firmiani, e vi era morto.

Quanto al primogenito, invece, verso i dieciott’anni, aveva seguìto come ufficiale dei Veliti le bandiere di Napoleone. Ferito alla Beresina, trasportato a Vilna, s’era innamorato colà di una povera fanciulla, che lo aveva curato colla carità d’una sorella, e contro il volere di suo padre l’aveva condotta in moglie.

Di ritorno a Milano, egli non era rientrato nella casa paterna, sebbene il conte gli avesse già perdonato il plebeo matrimonio. Ritiratosi colla sua Lituana in un appartamento, vi aveva vissuto felice colla pensione, e l’assegno paterno, finchè l’antica ferita lo aveva tratto alla tomba.

Il conte Girolamo suo figlio, — che era appunto quello che vedemmo entrar in sala poco fa — come se volesse rimediare all’errore di suo padre, appena si era trovato in età di prender moglie, era corso a chiedere consiglio al nonno sul proprio matrimonio. Non si scherzava; egli sapeva di essere il solo Firmiani che restasse della nobile famiglia, e teneva troppo all’eredità del nonno per non fare in tutto la sua volontà.

Il conte sorridendo accolse la domanda del buon nipote, come uomo che sa in qual conto tenerla, e — contro ogni aspettativa di costui — gli consigliò di studiar prima ben bene il proprio cuore per