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LA FIGLIA DI LADY ROSE 109


il giorno prima del vostro arrivo. Non devo vedere che due persone. Una giornata sarà più che sufficiente. Pranzo all’Ambasciata domani sera — questo è stabilito — la mattina seguente faccio colazione coll’addetto militare — poi mille scuse — e sono obbligato a proseguire il viaggio per raggiungere degli amici in Italia. Su questo, volgo le spalle a Parigi — e per due giorni appartengo a Julie ed essa a me. Dite sì, Julie, mia Julie!

Il giovane, chino su di lei, le inquadrava il viso colle mani.

— Ditemi sì! — insisteva egli e abbandonate per sempre e per ambedue la parola — soli! Quella voce così tenera e persuasiva penetrò nel cuore di Julie. Egli attese, finchè il suo orecchio in agguato afferrò le parole, appena sussurrate, che lo persuasero del delirio e dello stupore della sua vittoria.

Léonie silenziosa e cupa, avendo chiusa la porta, era salita a coricarsi.

Julie, pure, era in camera sua, seduta sull'orlo del letto, colle mani incrociate e gli occhi bassi e assorti, assomigliava alla statua della speranza che ascolta gli ultimi suoni dell’arpa della vita. La candela, posata accanto a lei, le rifletteva la sua immagine nel grande specchio in faccia, la sua grazia, il candido disordine della sua toilette.

Essa si aspettava a una reazione, ma questa reazione non giunse. Una calda ondata di volontà e di energia continuava a trascinarla. Tutto quello che essa stava per fare persisteva a sembrarle naturale e giusto. Gli scrupoli meschini, le esitazioni convenzionali, il rifiuto alle leggi del Destino — ecco ciò che era colpevole.

Il romanzo l’attirava ed essa subiva l'attrazione delle cose proibite, attrazione penetrata in lei cogli affetti della sua infanzia. L’orrore naturale che vieta alla maggioranza delle donne di seguire le vie pericolose della passione in lei era affievolito o latente. Figlia illegittima di una madre ribelle alle leggi, in nome dell'amore, questo fatto aveva pesato su tutta la sua vita. In cuor suo essa risentiva già uno sprezzo vivissimo per l’interpretazione che la maggior parte dei mortali non mancherebbe di dare a ciò che stava per fare.

— Che importa? Sono padrona di me stessa, non sono responsabile verso nessuno. Scelgo per conto mio — arrischio per me sola!

Quando finalmente si alzò da sedere e si accinse a sciogliere, poi a rassettare la massa corvina dei suoi capelli, le sembrò che il riflesso nello specchio era quello di un’altra donna, vivente in un altro mondo. Essa aveva calpestata ogni traccia di timidezza sotto ai piedi e si era liberata da ciò che ci incatena tutti — il rispetto umano.

Ritta davanti allo specchio ovale a cornice classica posato sulla caminiera della camera che era stata quella di Lady Mary Leicester, gli occhi di Julie si posarono vagamente su dei piccoli ritratti di famiglia, su delle miniature religiose appese ai lati dello specchio medesimo. Lady Mary e. sua sorella, bambine, di cui le teste, brutte assai, sorgevano timidamente da abiti bianchi a vita corta; la madre di Lady Mary, vecchia dama in cuffia e fichu bianchi dallo sguardo austero e buono; dal lato opposto, un pastore protestante, forse il fratello della vecchia ora, collo stesso tipo di faccia, ma dai lineamenti più dolci. Sopra e sotto a questi ritratti, parecchie miniature su cartone, eseguite con cura da Lady “Mary in persona ed il cui testo era il seguente:

— Voi, Signore, sapete quando mi alzo e quando mi corico.

— Lavatemi, e sarò più candida della neve.

— Non temete, piccolo gregge; è a suo piacimento che vostro padre vi dà il suo regno.

Julie lesse. quelle parole, dapprima distrattamente, poi con ripulsione. Quella devozione anglicana, così ben nutrita, così strettamente protetta e che misurava l'universo colla propria misura, sembrava al suo spirito quasi cattolico null’altro che ipocrisia ed affettazione.

— Non è con simili forze — pensava essa — che si governa il mondo reale degli uomini e delle donne.

E mentre si scostava, osservò due piccole immagini religiose, precise a quelle che in convento soleva mettere nel suo libro di preghiere. Quelle immagini erano state attaccate al muro sotto alle miniature.

— Ah! Thérèse! — diss’ella fra sè con improvviso dolore. — Chi sa se dorme la povera piccina?

Tese l'orecchio. Una debole tosse risuonò nella camera vicina.

Julie attraversò il pianerottolo.

— Thérèse, non dormi ancora?

Una voce rispose dolcemente nell'oscurità.

— Je t'attendais, Mademoiselle.

Julie si avvicinò al letto della bambina, depose il lume, e si curvò per baciarla.

Una esile manina le accarezzò la guancia.

— Ah! come sarà bello di essere a Bruges con Mademoiselle.

Julie indietreggiò.

— Non vi sarò domani, carina.

— Non domani? Oh! Mademoiselle! — esclamò Thérèse con voce desolata.