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L'ULANO DEL CONCERTO 151

che l'alta eccellenza non baciasse il suolo abbondantemente fangoso.

«Trombettiere, suonate l'allarmi».

«Con un tal tempo?» pensò questi: «ebbene, ciò m'importa poco; io sono di guardia».

«All'armi!»

Nella caserma , nelle stalle tutto si mise in movimento; gli ulani si precipitarono, nei più svariati abbigliamenti, attraverso al cortile, per mettersi in ordine in un coi loro cavalli. Un cavaliere, inforcato un cavallo a schiena nuda, corse a briglia sciola alla città, per avvertire gli ufficiali.

Frattanto nel cortile della caserma si radunava il reggimento, e ben presto anche l'ufficialità, coll'illustrissimo signor colonnello alla testa, si trova riunita.

Quell'ufficiale era poco edificata dell'allarmi, che, con quel tempaccio, rovinava le uniformi ed i cavalli, e tanto volentieri avrebbe non solo desiderato vedere, ma addirittura mandato l'eccellentissimo signore a quel paese, che è stato espressamente inventato per certe persone. «Signori miei», prese a dire Sua Eccellenza, dopochè il colonnello gli ebbe presentati gli ufficiali; «sono felice di aver fatta la loro conoscenza, e spero di essere in seguito contento anche dei loro servizi. Ora faremo un tattica. Stamane ho telegraficamente dato l'allarme alla guarnigione vicina: un battaglione ci viene incontro per ferrovia, cosicchè ambo i partiti sono provveduti di fanteria. Secondo i miei calcoli il nostro distaccamento verso le undici sarà in posizione tale da potere far fronte al nemico; talchè stasera, alle sei circa, saremo di ritorno. Gli ordini ulteriori, circa le idee informatrici della tattica, li farò conoscer loro appena ci saremo uniti alla nostra fanteria. la prego signor Colonnello, di fare allineare il suo reggimento, ma, innanzi tutto, di far noto a' suoi uomini, che io consegnerò senza pietà per tre giorni chiunque, in qualche maniera, sia con parole, sia con atti, faccia capire che la pioggia sia sgradevole. Noi siamo soldati, non vecchie fammine».

Alla coda dell'ultimo squadrone cavalcava Below. Egli era sempre l'ultimo ad arrivare, e causa di ciò era, che, una volta, un superiore giovanile avevagli detto: «Ad ogni allarme la cosa più essenziale è la fiaschetta di cognac. Il tempo per riempirla, caschi il mondo, deve esserci sempre».

Ed egli non ne aveva riempita una soltanto, ma due, perchè aveva pensato, come al solito, non solo a sè, ma anche ai camerati. Sua Eccellenza, al suo arrivo, gli aveva lanciato una occhiata piena di collera; ma egli non se ne era fatto caso: Below apparteneva a quella categoria di subalterni, che dicono: «Lascia pur guardare i superiori quanto loro pare e piace, purchè non parlino».

Mentre essi cavalcavano lungo la via maestra, li incontrò il signor Winterberg, il quale, con le scarpe di gomma, e armato di un ombrello capace di riparare un'intera famiglia,