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LA PROPOSTA DEGLI SCAVI D'ERCOLANO 35

fondendo i primitivi elementi, diedero sviluppo alla civiltà detta italica, della quale ancor tanto si disputa, ma che va di giorno in giorno rendendosi meno misteriosa ed oscura agli occhi di chi vi sa leggere dentro.

Uno dei più importanti risultati ottenuti con i suoi scavi fu l'accentramento dell'esistenza nella valle del Sarno d'uno o forse più villaggi preistorici, seppelliti da un'eruzione non del 79 a. C., come finora si era creduto, ma anteriore di parecchi secoli a quella che distrusse Pompei. Gli effetti di tale catastrofe non furono meno funesti di quelli narrati da Plinio, perocchè anche allora scomparvero sotto uno strato d'aride pomici i campi ricchi di messi e le abitazioni di quei popoli vetusti, con tutta la loro dovizia, consistente solo in bestiami, suppellettili domestiche, strumenti agricoli, e quanto altro non riuscirono ad esportare seco nella precipitosissima fuga. Si scoprirono perciò due necropoli arcaiche, situate nella stessa direzione, distanti l'una dall'altra non più di 1500 metri. nell'intervallo doveva esistere il villaggio, di cui però non riuscì a scoprire che deboli traccie in piccoli avanzi di vascularia e in ossa estratti colle zappe forate. Nutre fiducia che il Governo voglia continuare gli scavi per determinate in modo più positivo il sistema d'impianto del villaggio forse sopra palafitte.

Il vasellame trovato si divide in due classi principali, indigeno e grecanico. Nei vasi indigeni, di cui vorremmo dare i principali campioni, si trova una forma rozza e primitiva. E la sostanza, di cui sono composti, è una pasta nerastra, mal cotta in forni primitivi, che rivela la nessuna tecnica vascolare. La forma è quella delle vecchie necropoli arcaiche italiche, cioè le solite urne, orci, olle, tazzette a un manico, attingitoi e grandi giarre, decorate con disegni geometrici, ottenuti a rotellina, a linee rette e serpeggianti, con costolature più o meno prominenti. I popoli, che abitarono quella regione, dovevano essere i prischi Osco Campani, la cui traccia si ritrova sempre e si può dire è riunita nel popolo napoletano fino ad oggi. Onde si può concludere, che trattasi d'una civiltà eneolotica, che ha ricevuto influenze naturali dall'oriente ellenico.

Ma non abbiamo a perdere con ciò il nostro obiettivo, che è Ercolano. Il Dall'Osso nei suoi larghi studi di raffronti ha potuto concludere, che Ercolano, a differenza di Pompei, non è sorta a poco a poco per aggregati primitivi, indi per sopravvenuti centri storici, ma fu fondata di pianta dai Napoletani, come un loro approdo marittimo sulla costa, proprio per difesa. Sorta con piano prestabilito, con disegno di Ippodamo di Mileto, Napoli volle a sua somiglianza fondare Ercolano, che ne ritraeva nelle proporzioni d'un quarto la forma. Non possiamo addentrarci in tale descrizione; ma poiché di fa quistione della possibilità di trovare in Ercolano molti monumenti d'indole greca, non a dubitarsene, visto che Ercolano era dimora preferita per gli ozi intellettuali, una specie di eliso, ove occorrevano i filosofi epicurei e la gente imperiale, che amava addestrasi ivi nel culto delle arti. Ecco come ci spiega la presenza della famosa Villa dei Papiri e quella Ercolanese, che non possono trovarsi isolate; ma accennano a tutto un nucleo d'abitazioni imperiali e private, che facevano corona alla città ed erano forse per estensione in ben vasto territorio, da essere Ercolano la minima parte.

ercolano: casa di aristide o dei papiri. É dunque con la nobile speranza di trovarvi le traccie della civiltà greca, che Napoli non ha potuto serbarci per le numerose distruzioni, cui è andata soggetta, nel corso di tanti secoli, che ci si appresta a veder organizzato il grande scavo ideato dal Waldstein, e che, se sarà svolto con criterio di insieme, senza tentennamenti e con un ideale archeologico e artistico, potrà dare veramente risultati eccezionali. Se non ci dovesse dare altro che papiri, i quali ci svelassero la storia di queste regioni, che è ancora avvolta nel mito, ciò basterebbe a rinfrancare la spesa. Ma non è possibile, che qualche famosa opera d'arte greca, qualche pittura, non debba farci rivivere almeno per poco nel nobile sogno d'una civiltà di tanto superiore alla nostra, per il culto, che si aveva della bellezza.

Ma vogliamo però che finiscano le bizze scolastiche e si dia largo campo ai giovani per lo studio dell'antico, rinnovando il gusto e la febbre dell'arte, ormai esaurito, per la prevalenza di interessanti ed avidi pedanti.

L. Conforti.