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che impedisce la fermentazione, è più ricco di olio essenziale, quindi più eccitante e però è bene astenersene o usarlo in piccola dose frammisto al nero.

Nella China l’uso del thè risale a molti secoli avanti l’èra cristiana; ma in Europa fu introdotto dalla Compagnia olandese delle Indie orientali sul principio del secolo XVI; Dumas padre dice che fu nel 1066 sotto il regno di Luigi XIV che il thè, dopo una opposizione non meno viva di quella sostenuta dal caffè, s’introdusse in Francia.

Il thè si fa per infusione e ritiensi che meglio riesca nelle tettiere di metallo inglese. Un cucchiaino colmo è dose più che sufficiente per una tazza comune. Gettatelo nella tettiera e versategli sopra tanta acqua bollente che lo ricopra soltanto e dopo cinque o sei minuti, che tanti bastano per sviluppare la foglia, versate il resto dell’acqua in ebollizione, mescolate e dopo due o tre miuuti l’infusione è fatta. Se la lasciate li troppo, diventa scura e di sapore aspretto perchè si dà tempo a sciogliere l’acido tannico delle foglie che è un astringente; però, se durante la prima operazione avete modo di tener la tettiera sopra il vapore dell’acqua bollente, estrarrete dal thè maggior profumo.

L’uso del thè in alcune provincie d’Italia, specie ne’ piccoli paesi, è raro tuttora. Sono pochi anni che io mandai un giovine mio servitore ai bagni della Porretta per vedere se imparava qualche cosa dall’abile maestria dei cuochi bolognesi; e se è vero quanto egli mi riferì, capitarono là alcuni forestieri che chiesero il thè; ma di tutto essendovi fuorchè di questo, fu subito ordinato a Bologna. Il thè venne, ma i forestieri si lagnavano che l’infusione non sapeva di nulla. O indovinate il perchè? Si faceva soltanto passar l’acqua bollente attraverso le foglie che si ponevano in un colino. Il giovane, che tante volte lo aveva fatto in casa