Pagina:Atlantide (Mario Rapisardi).djvu/264

Da Wikisource.
264 Atlandide


Non titubar! La diuturna prova
     Dei civili dolori il fin già tocca;
     Già lo sdegno compresso un fulmin trova,
     Già la bilancia del destin trabocca.
     Tuona, è tuo l’avvenir; secol s’innova;
     Odi? la profetata ora già scocca;
     Tu da questa mia sede all’egra, oppressa
     Terra l’annunzia: il Redentor si appressa!

Non più Dei, non più re! ferree chimere
     Artigliatrici dell’uman cervello,
     Che d’ombre inebbriato hanno il pensiere,
     E fatto della terra il cielo avello,
     Colpa la verità, scherno il sapere,
     Croce l’onor, la libertà flagello,
     Il genio e la virtù pena infinita,
     Merito la viltà, strazio la vita!

Servi non più, non più signori! Eguali
     Tutti! Qual sole che consola il mondo,
     Giustizia e Libertà sopra i mortali
     Verseranno un fulgore ampio e giocondo;
     E sdradicando le miserie e i mali,
     Di cui solo finora è il suol fecondo,
     Germogliare faranno e al ciel vicino
     Sorgere della Pace il fior divino.