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60 Atlantide


Ma più che pietre enormi effigiate
     E in Dei cangiate da scalpel divino,
     Più che vivi tessuti ed animate
     Tele in cui s’eternò l’angel d’Urbino,
     E immaginati bronzi e delicate
     Opere di cesello e di bulino,
     Men belli oggetti ma più rari e santi
     Son di questo Museo gl’incliti vanti.

Qui fra la lancia che trafisse Cristo
     E un damascato saracin cangiarro
     Ammirasi il baston del quinto Sisto
     E di Cortes la spada e di Pizzarro;
     Quando scese in Olanda al gran conquisto
     Il duca d’Alba avea là quel tabarro;
     Questa mannaja ancor di sangue immonda
     Mozzò di Corradin la nuca bionda.

Con le indulgenze di Leone e i brevi
     Di Bonifacio, ora sgualciti e rotti,
     Qui si spiegan le bolle acri agli Svevi,
     Là si aggrinzan d’Arrigo i calzerotti,
     Ch’ei lasciò quando scalzo in su le nevi
     Ebbe in Canossa a vigilar tre notti;
     E di Gregorio la babbuccia è questa
     Ond’ei calcò dell’aspide la testa.