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del conte monaldo leopardi 159

sta nuova di quella pugna si diffuse qui nella sera istessa dei 24 e amareggiò sommamente la giocondità e la allegrezza comuni perchè si vedeva la Chiesa spogliata di una parte così nobile del suo dominio, e per essere ricaduti noi sotto la preponderanza Francese alla quale ci credevamo sottratti. Nulladimeno dandosi ascolto a qualche voce che predicava diverso l’esito di quel conflitto, la giornata del 25 si passò bene e nella sera si fece per tutta la città una illuminazione molto ricca, e vaga. Io illuminai la casa mia splendidamente, e dando sfuogo al malumore che sentivo contro il Governo francese, esposi iscrizioni e figure molto ardite e virulenti. Fortunatamente questa imprudenza non portò a conseguenze, ma poteva essermi funesta, ed io lo temetti assai, tanto più che alcuni tristi, amici della Republica, presero copia di quelle iscrizioni. Quando la necessità lo domanda l’uomo saggio deve confessare i suoi principj con fermezza e con generosità, ma non deve senza bisogno alzare la voce imprudentemente e per così dire, batterli in faccia ad un partito contrario predominante.

LXXI.

Accademia retta da me.

Sul cominciare dell’anno 1801 eressi in casa mia una accademia poetica, e con buona grazia di quei molti i quali deridono questa sorte di istituzioni credo che io facessi una cosa molto utile alla nostra società. Queste accademie sono un piccolo teatro in cui si può fare una qualche pompa di ingegno comodamente e senza bisogno di grandi capitali scientifici, eccitano alcun principio di emulazione, accendono qualche desiderio di gloria, impongono l’amore per lo studio o per lo meno la necessità di simularlo, riuni-