Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/123

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Così passavano i giorni, passavano i mesi, e non si avevano notizie dell’arrivo a Massaua di Pompeo Zucchi e dei suoi compagni, mentre le nostre condizioni non troppo favorevoli e sicure, ci mettevano in qualche apprensione.

Eppure, secondo i calcoli fatti, quella eletta schiera di compagni avrebbe dovuto arrivare poco più di un mese dopo di noi.

Un giorno giunse al padre Stella un messo proveniente appunto da Massaua, il quale da parte di Olda-Gabriel lo faceva avvertito che il Zucchi non era ancora arrivato, e che egli si annoiava terribilmente nel doversi colà trattenere, privo com’era di mezzi, e soffrendo un caldo eccessivo.

Se Olda-Gabriel però si lagnava del suo stato, noi non potevamo andar lieti del nostro. Le provvigioni diminuivano e non si rimpiazzavano; molte cose d’importanza secondaria, ma pur tanto utili, ci mancavano affatto; di sale, per esempio, non ce n’era più! Dovevamo limitare il nostro cibo alla polenta di dura — il cui grano macinavasi pietra contro pietra — ed a qualche zuppa senza sale.

Eppure nessuno si lagnava, ed ogni sacrifizio veniva sostenuto con rassegnazione, sorretti dalla speranza d’una sorte migliore, basata sulla futura prosperità della colonia.

Anche le caccie si facevano più di rado per non isprecare la polvere che ci era tanto necessaria per la sicurezza personale.

Non posso nascondere però che di giorno in giorno il buon umore se ne andava a spasso, e la melanconia vi succedeva. Gl’indigeni non lavoravano più con quell’ardore e con quella vivacità che avevano mostrato fino