Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/138

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«Gradite i miei saluti, e arrivederci presto.»

Ecco, presso a poco, il contenuto di quella lettera, buono, se vogliamo, all’infuori della confessata scarsezza di denaro. Il signor Stella cercò di tranquillarci, facendoci sperare che la confessione di tanta miseria poteva essere atto di semplice politica da parte del sig. Zucchi; ma che del denaro ne doveva avere.

Appena si trovò all’ordine, lo Spagnuolo partì.

Il giorno appresso, una visita importuna venne a turbare la nostra quiete.

Era giunto nelle nostre vicinanze uno Skek, accompagnato da un medico, con seguito d’armati, con alcune giovani donne e con molti bagagli. Era desso quel siffatto taumaturgo che guariva le malattie d’occhi, e che avevamo conosciuto a Cassala, in casa del defunto sig. Panajoti.

Lo Skek entrò solo nel nostro piazzale, salutando alla mussulmanna e dandoci il ben trovati. Restò con noi tutto il giorno e tutta la notte; poscia al mattino susseguente si accommiatò, dichiarandoci che sarebbe ritornato ancora qualche altra volta a farci visita ed a tenerci compagnia.

Appena uscito quell’impostore, ci radunammo col padre Stella sotto l’albero del Consiglio. Ivi studiammo d’indovinare la causa di quella visita strana ed inaspettata, e cosa significasse l’esser egli venuto con seguito d’armati e di donne ed in compagnia di quel medico.

Dopo lungo almanaccare, il padre Stella espresse il suo pensiero; che cioè quei due mussulmani fossero arrivati per farvi propaganda religiosa e indurre all’islamismo i Cristiani che stavano raccolti intorno a noi; ně come vedremo, il nostro condottiero era andato lungi dal vero.