Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/22

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Poco dopo, quando meno potevamo pensarcelo, eccoci lo Spagnuolo propriamente in faccia a noi, trafelato, ansante, con una faccia da moribondo da far pietà ai sassi, e scortato da un indigeno.

Sebbene la sua improvvisa comparsa avesse dovuto procurarci un misto di stupore e di allegrezza, pure tanto era il disgusto che il suo pessimo contegno aveva in noi ingenerato, che lo guardammo colla massima indifferenza e senza punto chiedergli notizie dell’accaduto.

Della qual cosa, essendosene egli accorto, si diede a manifestare il suo malumore ed a sfogare la sua bile sopra l’indigeno che lo aveva accompagnato e col quale avviò una disputa che pareva dovesse tramutarsi in aperto conflitto.

Il signor Stella si frappose chiedendo qual fosse il motivo del diverbio, e, rivoltosi all’indigeno, ottenne da lui gli schiarimenti domandati.

Gli narrò questi come avesse in sulla sera ritrovato lo Spagnuolo sconcertato, abbattuto, affranto per fame e per sete e stanco dal lungo errare per la foresta, il quale gli aveva chiesto, con gesti in luogo di parole, un soccorso immediato. Fu perciò che egli, l’indigeno, siccome scortava una mandra di vacche, si era prestato con tutta sollecitudine e lo aveva saziato con latte.

Lo Spagnuolo gli aveva domandato eziandio il favore d’esser rimesso sulla buona via, anzi d’esser possibilmente guidato a noi, promettendogli un tallero di compenso se mai riuscisse a scoprirci ed a raggiungerci. Infatti, dopo averlo ristorato alla meglio, ed a seconda del patto stabilito, l’indigeno aveva adempiuto al suo dovere; ed ora, credendosi in diritto della pattuita mercede, rifiutava il mezzo tallero che Glaudios gli offeriva slealmente in luogo dell’intiero che gli doveva.