Pagina:Büchler - La colonia italiana in Abissinia, Trieste, Balestra, 1876.pdf/34

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gliasse sempre a guardia, e per attizzare e mantenere i fuochi che ci garantissero dalle sorprese delle fiere e d’altri animali nocivi di cui abbondava la foresta.

Molti gufi ci tenevano una musica sì ingrata che quasi quasi non potevano dormire. Si aggiungano a tanto le strida di una tribù di grosse scimmie le quali, saltando di ramo in ramo, ci attorniavano assediandoci, e il ruggito lontano di leoni e di iene, si avrà una scarsissima idea di quell’infernale armonia che ci toglieva il sonno, e ci teneva in apprensione pella nostra sicurezza.

Il mattino desiderato apparve finalmente e proseguimmo il cammino in bell’ordine e di buon umore, viaggiando per altri dieci giorni, che scorsero senza alcun fatto degno di menzione.

La nostra meta era Cassala. Il giorno, che precedette il nostro ingresso nella bella città del regno del Barka, fu occupato nel traversare un arido tratto di deserto, ove soffrimmo una grandissima sete, non essendoci stato possibile di mandar giù quello schifoso liquido che tenevamo custodito nelle gherbe. Il tormento era sì forte che non avevamo la forza necessaria per profferire una parola. Taciti ed ingrugniti proseguivamo per quegli infocati sentieri, affrettandoci più che ci era possibile per giungere ad un piccolo torrente, il quale, benchè scarso d’acqua, doveva nullameno averne abbastanza per ristorare la carovana, uomini e bestie, tutto compreso. Ma la scarsezza che vi trovammo fu al di sotto di quanto potevamo immaginare, imperciocchè potemmo a stento dissetarci noi, e ci convenne lasciar le bestie senza ristoro di sorta fino a Cassala.

La speranza di trovar nuova acqua anche prima di giungere a Cassala, siccome ce ne dava lusinga il