furono figlie o d’una libertá legittima, legale, stabilita, o d’una
reale quantunque non riconosciuta, o almeno d’una incipiente
quantunque non progredita; che in particolare quella magnifica coltura
francese, la quale prende nome da Ludovico XIV, fu tutta esercitata da
uomini nati e cresciuti fra le contese di libertá, che, cattivissime
del resto, sorsero durante la minoritá di lui e furon dette della
Fronda; che insomma e dai fatti e colle ragioni si prova sempre, le
colture aver bisogno di libertá, e quasi sempre la libertá aver
bisogno di coltura. Ma non avendo noi luogo a distrarci, ci basti
accennare la fratellanza, o il parallelismo speciale della nostra
libertá e della nostra coltura da Gregorio VII fino all’epoca a cui
siam giunti. — La libertá ecclesiastica, propugnata, ottenuta da
Gregorio VII e da’ suoi predecessori e contemporanei, ebbe bisogno di
grandi teologi; e cosí li fece sorgere, e con essi parecchi di que’
filosofi scolastici, i quali mal si distinguono da’ teologi, e de’
quali è gloria di alcuni filosofi contemporanei nostri aver saputo
riconoscere i meriti finalmente. E la libertá ecclesiastica facendo
sorgere ogni zelo ecclesiastico, fece moltiplicar que’ templi, quelle
chiese di che giá accennammo le due prime di Venezia e Pisa, e che
tutte furono poi veri musei d’antichitá e scuole a tutte l’arti
italiane. Poi la libertá comunale, dico la primissima, informe, de’
consoli del 1100, non poté essere né un anno o un dí senza aver
bisogno, in ogni cittá o terra italiana, di oratori, uomini di Stato,
capi di nobili, capi popolo, capi parte, piccolissimi terricciolai
quanto si voglia, ma pur oratori ed uomini politici, i quali ebber
bisogno di parlare e persuadere in qualunque lingua parlassero,
latino, volgar lombardo, volgar toscano, o romanesco, o napoletano, o
siciliano, o piemontese; e cosí nacque di necessitá un’arte, non
artifiziata ma naturale, oratoria. Quindi dal mescolarsi quegli
interessi e quegli uomini in tutta la penisola nasceva fin d’allora,
fin dal principio del secolo decimosecondo senza dubbio, il bisogno
d’una lingua comune o italiana; e cosí nasceva quella di che trattò
Dante centocinquanta o duecento anni appresso come di lingua giá
antica, quella che crebbe di necessitá in que’ mostri di assemblee,
che dicemmo