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appendice 217

sregolature, colpi di genio, miracoli. Si tentò uno di questi addí 6 maggio. S’assalí Verona, la gran piazza d’armi d’Austria in Italia, con fanti, cavalli, e pezzi di campagna: riuscí come sogliono tali miracoli; fu respinto l’esercito piemontese da Santa Lucia dove era giunto, fu salvo nel ritirarsi dal bravo duca di Savoia. Allora si ricorse alle regole; e riuscirono a bene. In regola si fecero venir le artiglierie grosse; in regola si camminò per le trincee, si fecero parallele, si costrussero batterie, si aprí il loro fuoco [18 maggio] contro Peschiera, sotto gli ordini del duca di Genova; e in regola si propose una capitolazione, addí 26, ed in regola fu ricusata. Intanto Radetzki, l’insultato, ma ammirabil vecchio di 86 anni, si moveva da Verona addí 27, per far levar l’assedio con bella operazione. Veniva a Mantova [28], assaliva il mattino appresso con quarantamila i cinquemila toscani e pochi napoletani, staccati, od anzi, pur troppo, sacrificati a Curtatone e Montanara; e i toscani mostrarono costí non essere la mancanza di valor naturale, e nemmeno quella della disciplina che impedisca di diventar militare, ma solamente la colpevole trascuranza de’ loro governanti, o forse l’avarizia del paese che non vuole avere esercito per non ispendervi. Ad ogni modo, si fecero uccidere al loro posto, gloriosamente. Né fu forse inutilmente del tutto: ché, fosse Radetzki indugiato da tal resistenza od altro, il fatto sta ch’ei non proseguí in quel giorno, e non giunse se non alla dimane [30] all’attacco disegnato sulla punta della destra piemontese a Goito. Ed ivi con bella e pronta riunione di sue truppe giá stava Carlo Alberto. S’appiccò la battaglia poche ore prima della notte; fu diretta bene, in buona regola, e vinta da Bava. Né era finita del tutto, quando giunse sul campo la nuova della resa di Peschiera, conseguita il medesimo dí. Questa giornata del 30 maggio a Goito fu la piú bella di quella campagna, che fu la piú bella che siasi fatta mai dagli italiani da sette secoli. Quel nome e quella data, ed anzi quei due mesi e mezzo dal 18 marzo al 30 maggio, quella prima metá della campagna del 1848, rimarranno, che che sia per succedere poi, cari e sereni nella memoria degli italiani che vi parteciparono o li videro, ed in quella pure