Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, II.djvu/8

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novella xxxi 5


smontò a Bellano, ed avendo ripigliato animo e ragionando* del pericolo grandissimo che avevano corso, domandò a messer Giasone come esser potesse che egli si fosse di cosí perigliosa fortuna beffato senza mai mostrar segno di paura. — Serenissima madama — rispose egli sorridendo, — io era sicuro di non perire, perciò che io so che il cuoco di Cristo non è imbriaco, che quella carne che si deve arrostire egli mettesse a lesso. — Risero tutti de la faceta risposta, con ciò sia che assai chiaro fosse che egli non era molto de le donne vago.

Ma a me giova di credere che egli che era prudentissimo sapesse con viso allegro la paura dissimulare, e che per far rider l’imperadrice desse cosí fatta risposta. — E variamente de le dette novellette ragionandosi, venne l’ora che il cardinale montò a cavallo, e tutti l’andarono ad accompagnare.