Pagina:Bandello - Novelle. 1, 1853.djvu/161

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vituperoso e il scorno grande. Nondimeno fecero diligenza di quanto erano ricercati, ed intendendo che il conseglio dei Dieci aveva rimesso in petto al prencipe la cognizione di questi casi, diedero una supplicazione a esso prencipe in nome de le tre donne, che altro che udienza da quello non ricercavano. Il prencipe veggendo l’avviso suo succeder in bene, le assegnò un determinato giorno, nel quale innanzi a lui e ai signori del conseglio dei Dieci con quelli di collegio dovessero comparire. Venuto il giorno, tutti quei signori si ridussero insieme, bramosi di veder a qual fine il caso si riducesse. Onde quella matina le tre donne assai onestamente accompagnate se n’andarono a palagio, e passando per la piazza di san Marco, sentirono molti che di loro dicevano male. Gridavano alcuni, come sono i popolari ed uomini del volgo, poco discreti: – Ecco gentili ed oneste madonne! fate lor riverenza, chè, senza mandar i mariti loro fuor di Vinegia, gli hanno fatti dar del capo in Corneto, e non si vergognano le puttane sfacciate di lasciarsi vedere, che par a punto che abbiano fatto un’opera lodevolissima. – Altri altrimenti le proverbiavano, di modo che ciascuno le diceva la sua. Altri poi, quivi veggendo madonna Gismonda, credettero ch’ella andasse a la Signoria per richiamarsi contra Aloise Foscaro, di maniera che nessuno vi fu che al vero si apponesse. Elle, giunte al palagio e salite quelle alte e marmorine scale, furono condutte ne la sala del collegio, ove il duce l’udienza aveva assegnata. Quivi con i parenti più propinqui arrivate le tre donne, volle il prencipe, innanzi che nessuno parlasse, che anco i tre prigioni vi fossero condotti. Vi vennero ancora molti altri gentiluomini, i quali con desiderio grandissimo aspettavano di così strani accidenti veder il fine. Fatto silenzio, il prencipe a le donne rivolto disse loro: – Voi, nobili madonne, ci avete fatto supplicare che vi volessimo conceder una publica udienza: ecco che qui noi siamo paratissimi ad udirvi pazientemente quanto dir ci volete. – I dui mariti prigioni erano in grandissima còlera contra le donne loro, e tanto più d’ira e di sdegno bollivano, quanto che videro quelle tutte ardite e baldanzose, dinanzi a così tremendo, venerabile e pieno di maiestà collegio, dimostrarsi come se state fossero le più valorose e care donne del mondo. De l’ira dei mariti le due fedelissime compagne troppo bene s’accorsero, nè di questo punto si sgomentarono, anzi sogghignando tra loro e un poco crollando il capo donnescamente, in atto si mostravano come se di loro si beffassero. Anselmo, che alquanto era più di Gerolamo sdegnoso, iracondo ed impaziente, salito in tanta còlera,