Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/188

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Dico adunque che ne la villa di Mazzenta, non è guari di tempo, fu un don Pietro prete, parrocchiano de la villa, uomo assai attempato e tanto avaro che non si potria dir più, il quale avendo buona prebenda ed oltra questo ogni dì guadagnando quasi il vivere de le elemosine ed offerte che per i morti si facevano, aveva sempre paura di morir di fame e non averebbe invitato nè prete nè secolare a casa sua a bere un bicchier di vino, ed egli mai non recusando invito che fatto gli fosse, francava al mangiar il suo carlino. In casa sua egli per la bocca sua faceva tutti quei delicati mangiari che avere si potessero, e teneva una donna di buona età che era perfettissima cucinara. Aveva egli di continovo i suoi capponi ad ingrassar, i migliori che ne la villa si trovassero. Al tempo de le quaglie egli conserva ne faceva per tutto l’anno, il medesimo facendo de le tortorelle. Così, secondo le stagioni, in casa sua sempre aveva degli augelli ed animali selvaggi, e dove andava il fatto de la gola, per comprare un buono e ghiotto boccone non risparmiava mai danari, e quando argento stato non ci fosse, egli averebbe impegnato la cotta, la croce, la pietra sacrata e credo anco il calice. Ma se egli si fosse trovato il giovedì da sera le vivande sopra il capo, non pensate che egli mai avesse invitato persona; onde il suo chierico, la massara e dui altri famigli che teneva facevano vita chiara e si davano il meglior tempo del mondo. Avvenne del mese di novembre che, essendo fuor di Milano un giovine nostro gentiluomo con un altro gentiluomo suo amico, ed alloggiando vicini al prete due picciole miglia, e quivi diportandosi con la caccia, intesero de l’avarizia del prete e de le grasse provigioni che di continovo in casa teneva, e come tra l’altre cose egli aveva allevato un castrone che era divenuto grassissimo e lo serbava ad ammazzarlo a le feste di natale, a ciò che meglio per i freddi conservar lo potesse. Questo intendendo, il nostro giovine deliberò far rubar il castrone al prete e farlo mangiare in un pasto ai buoni compagni. Fatta questa deliberazione, chiamò dui dei suoi famigli che averebbero fatta la salsa al gran diavolo e diede loro l’ordine di quanto egli voleva che facessero. I dui servidori dissero che farebbero il tutto; dei quali l’uno si chiamava Mangiavillano e l’altro Malvicino e su le guerre erano stati perfetti saccomanni. Poi che i dui famigli ebbero la commissione, cominciarono a divisar tra loro del modo che devevano tenere ad involar il castrone, a ciò che la cosa riuscisse senza strepito. Alora disse Malvicino: – Compagno, se noi sappiamo fare, siamo i più avventurosi uomini del mondo.