Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/330

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mano ad un fiasco e levatolo e messolo a la bocca cominciò molto bene a bere. E sì andò la bisogna, che dopo il melone mangiò del cervellato, e parutole buono ne mangiò pur assai, di modo che vinta dal caldo de la stagione ed arsa dal calor del fuoco ed incitata dal salato che tuttavia mangiava, prima che si lasciasse uscir il buon fiasco di mano, inghiottì tutta la vernaccia. E già essendo mezza cotta, ritornò a torno al fuoco a far non so che, di modo che la vernaccia così le occupò il cervello e levò le sue fumosità che ella, più imbriaca ch’una sponga quando è stata longo tempo ne l’acqua, si corcò suso una panca a dormire. Il marito d’una pezza innanzi che menasse il compare a casa, se ne venne per veder come le cose erano concie. Così tosto come egli fu in casa, trovò la moglie che suso la panca dormiva come una marmotta, e disse: – Che ora è cotesta di dormire? – La buona donna che faceva i servigi per casa gli rispose dicendo: – Messere, voi sète venuto a tempo, perchè io non so che mi fare e madonna s’è addormentata. – E che cosa ha fatto questa sciagurata? – disse il marito. – Ella ha, – soggiunse la donna, – tanto mangiato del melone e del cervellato e bevuto uno di quei fiaschi, che io penso che sia andata in gloria. Che Dio le perdoni. – Il marito entrato in còlera ed accostatosi a la buona moglie le disse: – Leva su, rea femina, leva. – Ma questo niente faceva, perchè ella punto non sentiva nè si moveva, del che egli fortemente turbato, due e tre volte la sospinse. Onde la donna cadde giù da la panca in terra, ed aperse un poco gli occhi e subito gli chiuse, borbottando alcune mezze parole, e ritornò di nuovo a dormire. Onde il marito fuor di misura turbato disse: – Io so che questa imbriaca fastidiosa ha legato il suo asino a buona caviglia. – Nè altro rimedio veggendovi, con l’aita de la buona donna e d’un garzone che talora faceva alcun servigio per casa, levatola di peso, in un luogo quivi vicino, dove era l’arca de la farina, la portarono e ne l’arca la misero. Chiavò il bresciano l’arca e l’uscio del luogo fermò; poi si mise ad ordinar le cose per il desinare. In questo arrivò il maestro di casa, a cui il bresciano disse: – Mia moglie n’ha fatta una de le sue, chè ha bevuto tutto un fiasco di vernaccia, e vi so dire che sta fresca. Bisognerà poi far la scusa col compare e dirgli che è ita al partorire d’una nostra vicina. Bisogna mò che voi prendiate cura d’apprestare il desinare, che mi par essere assai ben in ordine. La tavola è messa. Questa buona donna e questo garzone faranno quanto gli commetterete. Io in questo mezzo anderò a trovar mio compare Alessio che su la piazza dei Signori