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NOVELLA XLVII
Il signor Gostantino Boccali si getta ne l’Adige ed acquista l’amore de la sua donna che prima non l’amava.


Io non so già in qual guisa mi sia lasciato condurre nè chi mosso m’abbia a novellare innanzi a così onorata compagnia, essendone qui molti che meglio di me e con sodisfazione di tutti potrebbero questo arringo correre. Ma poi che io in ballo entrato sono, egli m’è pure forza ballare a la meglio o, per parlar più proprio, al men male che io saperò. Onde di me vi converrà pigliar ciò che io posso darvi, perchè in effetto io non sono gran dicitore, se ben pare che io parli assai. Ora poi che ragionar debbo, anderò senza partirmi di qui a Verona mia nobilissima patria, che in pochissime cose cede a qual si voglia città d’Italia, e vi narrerò un meraviglioso accidente d’amore che non è guari in quella avvenne. E per non tenervi più a bada vi dico che questi anni passati, tenendo Massimigliano imperadore la detta città di Verona sotto il suo dominio, tra gli altri che a la guardia d’essa terra furono da lui deputati vi fu il signor Gostantino Boccali, giovine nobilissimo di quei dispoti e prencipi che de la Grecia e del reame de lo Epiro furono da’ turchi cacciati. Egli, come molti di voi ponno aver veduto, è giovine di grande statura, ben proporzionato, di giocondo e veramente signorile aspetto e de la persona molto prode, come colui che da gran prencipi disceso sempre s’è da fanciullo ne l’arme essercitato. Egli alora aveva una banda di cavalli leggeri e insieme con gli altri capitani dimorava a la diffesa de la città contra i nemici di Cesare. Quivi dimorando, e spesso per la città, per via di diporto, ora a piè ed ora a cavallo andando, avvenne che un giorno egli s’incontrò in una gentildonna assai bella, la quale mirabilmente gli piacque e di così fatta maniera gli entrò nel core che a lui pareva non aver mai più veduta nè così bella nè così leggiadra donna. E non avendo riguardo che era su l’arme, con il campo dei nemici non molto lontano, che ogni dì correvano fin a le porte de la città, e che egli era capitano di soldati a cui non sta bene la fierezza de l’arme ed il rigore de la milizia effeminare ed ammollire con lascivie ed imprese amorose, – cosa che più nocque al perpetuo nemico dei romani Annibale, che quanti mai esserciti e capitani fossero contra lui, – aperse esso signor Gostantino sì fattamente il petto a le nuove e nocive fiamme veneree, e de la veduta donna così s’accese che quel dì che non