Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/17

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suo, e dui fidati servidori insieme con Beatrice se n’andarono al luogo ove i malfattori si sogliono tormentare. Ma prima egli aveva fatto metter Fridiano con i ferri a’ piedi in una camera vicina al luogo ove si dava la fune, e ne la quale chiunque ci fosse stato averebbe leggermente sentito tutto quello che in detto luogo parlato si fosse. Deliberandosi adunque il giudice far ogni cosa a ciò che il geloso disgelosisse, per levargli ogni sospetto che di lui Fridiano mai avesse avuto, avendo del tutto pienamente instrutta la donna, disse con la voce un poco alta: – Orsù, non più parole. Legate questa femina a la fune e tiratela in alto, ch’io farò bene che confessarà la verità. – A questo motto Beatrice si gittò a terra e con finta lagrimosa voce, gridando, chiedeva mercè con dire: – Messere, io non so altro se non quello che v’ho detto. Voi mi fate torto. Oimè, misera me! misericordia! per Dio, non mi legate sì forte! – Il giudice mostrando non dar orecchie a cosa che la donna dicesse, teneva pur detto: – Orsù, non tardate tanto. Tiratela in alto. – Coloro squassavano la fune, ed ella, tirata alquanto indietro, gridava misericordia quanto più poteva. Il giudice la sgridava dicendo: – Beatrice, dimmi il vero, se sai nulla de l’omicidio che tuo marito aveva deliberato di fare. Che dici? – Ella gridava e con singhiozzi diceva alcune parole che male s’intendevano, come fanno quelli che fieramente son tormentati. Nè troppo stava che il giudice diceva: – Al corpo di Cristo! io ti farò confessar il vero. Tu nol dirai? Sì dirai pure, a tuo malgrado. Io ti caverò bene l’ostinazion del capo. Sì farò, per Dio, e non guarderò che tu sia pisana. Tirala su ben alta e lasciale dar un gran crollo in giù, ch’io son deliberato che questa ostinata o mi dica il vero o che lasci ambe le braccia attaccate a la fune. – Era a la corda legato un pezzo di legno che faceva parer proprio che una persona in su e in giù fosse collata, e madonna Beatrice gridava nè più nè meno come fanno i tormentati. Conobbe il misero Fridiano la moglie a la voce, la quale gridava e chiamava mercè, a poi che due e tre volte si certificò che ella era pur la sua Beatrice, cominciò come forsennato a gridare: – Ahi misericordia, signor giudice! Deh, per Dio, non collate la mia donna, non la tormentate più, chè la poverella non è in colpa di cosa alcuna. Voi v’affaticate indarno, perciò che ella non può dir ciò che non sa. Ahi, moglie mia cara, moglie mia da bene, moglie mia onesta, perchè non son io in luogo tuo tormentato? – Il giudice udendo Fridiano e veggendo la cosa seguire com’egli aveva dissegnato, mostrando non sapere che Fridiano fosse stato messo in quella camera, si rivoltò