Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/279

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senza spargimento di sangue madonna Penelope si levò, col conseglio del saggio marito, la seccaggine del giovine da le spalle.


Il Bandello al magnifico messer Girolamo Aieroldo maestro di stalla del serenissimo re di Navarra


Quel dì medesimo che voi questo carnevale da noi partiste, dopo che si fu desinato, s’entrò a ragionare di quegli avvenimenti che talora impensatamente e fuor d’ogni intenzione accadeno, volendo alcuni la cagione di questo investigare. Chi diceva la fortuna e il caso esser la causa di cotali effetti. Altri in contrario affermavano non ci esser nè fortuna nè caso, ma cotali nomi esser stata invenzione d’uomini che negano la providenza di Dio e non vogliono che egli s’intrometta in queste azioni umane, misurando l’infinito poter divino con erroneo giudizio. Altri contendevano la fortuna e il caso prender da la providenza divina le cause loro. Ci fu chi disse che quegli effetti [che] per l’ordinario d’un medesimo tenore sempre si veggiono succedere o che il più de le volte tali divengono, non aver dipendenza alcuna nè da fortuna nè da caso. Che ordinariamente la notte succeda al dì e il giorno a la notte, e che in oriente si levi il sole e verso occidente conduca il suo aurato carro e quivi si corchi, in questo la fortuna non ha che fare e meno il caso. Che poi il più de le volte l’uomo dopo l’età giovinile comincia a cangiar pelo e di nero e biondo che l’avesse se gli veggia divenir bianco, di ciò nè il caso nè la fortuna si prende cura, e la cagione assai è nota. Perciò dicevano alcuni che in quelle cose che fuor del pensamento nostro ci avvengono, come è che io mi parta di casa per andar a visitar un amico mio e caminando ritrovi una borsa piena di ducati, o mi sia a l’improviso presentata una ricca badia non l’aspettando io; dicevano, dico, costoro che in questi avvenimenti pare che la fortuna e il caso abbiano alcuna giurisdizione. E questi tali a cui avvengono queste cose, chiamiamo noi «fortunati» e «aventurosi», con ciò sia che trovar danari od esser assunto a dignità ecclesiastica non si può attribuire a necessità nè a consuetudine, ma sì bene a fortuna o a caso, che sono cagioni «per accidente»