Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/327

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commilitoni miei, e voi di fatica e me di fastidio intendo liberare. Per me solamente voglio il reame dal mare a l’Eufrate; di tutto il resto la signoria dono a mio figliuolo Antioco, al quale per moglie ho data la mia Stratonica. A voi deve piacere ciò che a me n’è piacciuto. – E narrato l’amore e l’infermità del figliuolo e la discreta aita del fisico gentile, a la presenza di tutto l’essercito fece sposar Stratonica ad Antioco. Incoronò poi l’uno e l’altra per regi de l’Asia, e con pompa grandissima gli fece far le tanto da Antioco desiate nozze. L’essercito, udendo e vedendo queste cose, sommamente la pietà del padre verso il figliuolo commendò. Antioco poi con la diletta sposa in gioia e in pace continovamente stando, in lunga e grandissima felicità seco visse. Nè fu questi quello che ebbe per le cose d’Egitto guerra con romani, come pare che il nostro divino poeta nel Trionfo d’Amore accenni. Questi solamente ebbe guerra con i gallati che d’Europa erano in Asia passati, i quali cacciò e vinse. Di lui e di Stratonica nacque un altro Antioco; di questo nacque Seleuco, il quale fu padre d’Antioco chiamato «magno». E questi fu che ebbe guerra grandissima con romani, non il suo bisavolo Antioco che la matrigna sposò; il che assai chiaramente vederà chiunque con diligenza le antiche istorie rivolgerà. E ciò che il divino poeta disse si deve intendere come noi siamo detti figliuoli d’Adamo. Così questo Antioco fu figliuolo per dritta successione del nostro Antioco, del quale la novella v’ho narrata. Facendo adunque fine, dico che in dare Seleuco la moglie al figliuolo fece un atto mirabilissimo e degno nel vero d’eterna memoria, e che merita di questo esser molto più lodato che di quante mai vittorie egli avesse dei nemici, chè non è vittoria al mondo maggiore che vincer se stesso e le sue passioni. Nè si deve dubitare che Seleuco non vincesse gli appetiti suoi e se stesso, privandosi de la carissima moglie.


Il Bandello al magnifico ed eccellente dottor di leggi messer Benedetto Tonso


Venni, questo verno prossimamente passato, per commessione di madama Isabella da Este marchesana di Mantova, a Lodi, a parlare a l’illustrissimo ed eccellentissimo signor Francesco