Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/59

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mano con lor dispiacere e danno, e che facciano pensiero che io sia il creditore. – Fece l’uomo il comandamento del suo padrone molto diligentemente, di maniera che al termine statuito furono ricuperati circa quindici mila ducati. E se il Frescobaldo avesse voluto gli interessi che in così lungo tempo erano corsi, tutti gli averebbe avuti fin ad un minimo denaio. Ma egli si contentò del capitale nè volse interesse alcuno; che di più in più gli acquistò credito e riputazione appresso tutti, massimamente sapendosi già da ciascuno de l’isola il favore che egli aveva appresso la persona del contestabile. In questo mezzo fu di continovo esso Frescobaldo commensale del Cremonello, il quale di giorno in giorno si sforzava d’onorarlo quanto più poteva. E desiderando che di continovo egli rimanesse in Londra, piacendogli molto la pratica sua, gli offerse di prestargli per quattro anni sessanta mila ducati, a ciò che mettesse casa e banco in Londra e gli trafficasse, senza volerne profitto d’un soldo, promettendogli oltra questo ogni favore ne le cose de la mercadanzia. Ma il Frescobaldo, che desiderava di ritirarsi a casa, e viver il resto de la sua vita in quiete e attender solamente a se stesso, infinitamente lo ringraziò di tanta suprema cortesia, e con buona grazia del contestabile, rimessi tutti i suoi danari in Firenze, a la desiderata patria se ne ritornò, dove essendo ritornato assai ricco si mise a viver una vita quietissima. Ma poco tempo visse in quiete,' 'perchè quell’anno istesso che da Londra era partito, in Firenze se ne morì. Che diremo noi de la gratitudine e liberalità di Cremonello? Certamente quanto a quello che col Frescobaldo operò, mi par degno di grandissima commendazione, il quale se così avesse amata la nobiltà del suo paese come mostrava amar i forestieri, forse che ancora sarebbe vivo. Ma egli odiò troppo la nobiltà d’Inghilterra, che al fine fu cagione de la sua morte. E poi che altro non ci è che dire, io dirò pur come morio. Egli stette parecchi anni in grazia appo il re, ed accecato dal favore era molto facile a far mozzar capi a questi e a quelli, e quanto erano più nobili e grandi tanto più volentieri mostrava il suo potere sopra loro, o fossero di chiesa o fossero secolari. Or avvenne che desiderando egli far morire il vescovo di Vincestre non so per quel cagione, che essendo nel conseglio privato del re, gli disse che si devesse andar a render prigione per parte del re ne la Torre, luogo ove mai nessuno entrò che non fosse ucciso, per quello che dicono i paesani. Smarrito il vescovo di tal comandamento, rispose che non sapeva per qual cagione se gli facesse questo e che voleva prima