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al magnifico dottor di leggi messer

Francesco Maria Trovamala salute


Azzio Bandello mio avo fu uomo molto dotto, negli studii de l’umanitá e de le civili leggi assai famoso, come voi potete ricordarvi che, essendo egli d’ottanta anni, quando noi tornavamo da la scuola del nostro dotto messer Gerardo Canabo, lo trovavamo sempre accompagnato da molti clientuli che a lui per conseglio ricorrevano. E perché era di natura festevole e piacevole molto, e a tutto ciò che si diceva soleva di continovo aver qualche bel motto arguto e a proposito, era da tutti detto «messer Azzio dai proverbii». Egli soleva dire che molto spesso nei parlari gravi e di grandissimo momento avvengono certi accidenti che impensatamente rendono una materia, di grave, ridicola, e per lo contrario, talora, di ridicola, grave. Che una cosa di grave venga ridicola, vedemmo, essendo noi ancora fanciulli, quando in Castelnuovo, piatendo i Grassi con i Torti in materia d’un omicidio, e volendo il signor Galeazzo Sanseverino che la cosa fosse dinanzi a lui disputata per metter pace tra quelle due nobili famiglie, uno dei nostri dottori, che era da tutti chiamato «Necessitas», perché la necessitá non ha legge, avendo studiato un conseglio di messer Alessandro da Imola, che consigliava in simil caso e metteva quello esser avvenuto tra Tizio e Sempronio, poi che messer Antonio Curzio ebbe dottamente in favore dei Grassi detto circa due ore, domine Necessitas si levò e, presa licenza dal signor Galeazzo, come si costuma, di parlare, cominciò a dire: – Signore, in questa materia criminale che verte tra Tizio per una parte, e Sempronio per l’altra, la ragione civile dispone che Sempronio sia e che Tizio abbia. – E mai non seppe uscire di Tizio e Sempronio, di modo che, risolvendosi tutto l’auditorio in riso, la cosa, che era criminale e grave, divenne ridicola e per quel dí fu messa in silenzio. E narrando io questa facezia a Genova, ove erano molte persone, messer Speraindio Palmaro, uomo di memoria tenacissima e di grande esperienza, narrò un caso avvenuto ad un religioso che predicava, ove si vede chiaramente che uno picciolo motto rende le cose di grandissima riputazione ridicole. Ora, avendo io questa cosa scritta secondo che