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pescagioni de le lamprede del Lambro, che in grandissima copia assai sovente prendiamo. State sano.Novella XLIV

Beffa fatta da un asino al priore di Modena e ai frati,
essendo egli entrato in chiesa la notte.


Io m’ho sempre persuaso, compagni miei cari, che al mondo cosa non si truovi, o sia ella degna di lode o che meriti biasimo o vero neutrale, – come si trovano alcune azioni, de le quali sará la novella ch’io intendo sovra quest’erbosa e fresca riva del chiaro Lambro narrarvi, – da la quale non si possa cavar qualche succo di profitto, come è d’ammaestramento, utile o dilettazione. Ascoltatemi adunque e saperete come nel venerabil convento di San Domenico in Modena, essendo priore del luogo frate Agostino Moro da Brescia, che tutti conoscete, avvenne che la terza festa di pasqua un eccellente predicatore, che tutta la quadragesima aveva con general sodisfacimento di tutta la cittá predicato ne la chiesa d’esso convento, pigliò, come costumano molti, licenza con quelle cerimonie che per l’ordinario fanno i predicatori. E sapendosi per la cittá che quella deveva esser l’ultima predicazione del padre, vi concorse tutta la cittá, che pareva che in quella chiesa fosse la plenaria indulgenza; e tanto fu la calca e numerositá di gente, che la chiesa per l’alito di tanti uomini e donne restò tanto calda e ardente, che, finita la predica, che era durata, avendo predicato dopo desinare, fin quasi a le ventidue ore, con grandissima difficultá i frati dissero vespro e la compieta insieme. Il sagrestano, che era persona discreta ed avveduta, per disfogare la chiesa aperse tutte le finestre che ci sono e gli usci, e stette piú tardi che puoté a serrar la porta grande d’essa chiesa. E tanto piú che quella sera medesima bisognò nel cominciar de la notte sepellirvi un reo uomo di molto trista fama, e del quale s’era detto per tutto che il diavolo gli era visibilmente apparito ne la sua infermitá, e ciascuno credeva che devesse esser portato via in anima e in corpo. Finite l’essequie di questo reo uomo, il sagrestano, fermata la porta grande de la chiesa, lasciò aperta quella che ha l’adito nel primo chiostro, a ciò che la notte meglio la chiesa si rinfrescasse. Era quella stessa sera venuto un frate che aveva predicato in montagna, ed aveva le sue cosucce portate suso un asinello nero come pece, e l’aveva riposto in una stalletta. Il quale asino, dopo che