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LETTERA CINQUANTADUESIMA

di don Alessio Melina al conte Giuseppe Ignazio Corte

[La lingua italiana è inferiore alla francese ed all’ inglese; né serve a mostrare il contrario il vocabolario della Crusca, che è pieno di vocaboli inutili, inusati e canaglieschi, e attinge a fonti puramente toscane, anzi fiorentine, esaltando esageratamente il Boccaccio, dal quale non s’impara punto la lingua che si dovrebbe scrivere da ciascuno.] Ella mi comanda, signor conte, ch’io le cianci della lingua nostra per iscritto, in conseguenza di quello che ne cianciammo a voce queste sere passate in casa Castellengo; ed io mi dispongo ad ubbidirla, non mica perch’io mi creda uguale ad un tanto argomento, ma sibbene perché Vossignoria raddrizzi il becco al mio sparaviero in caso gliel trovasse troppo torto. E basti questo po’ di proemio alle molte cose che in ’accingo a dirle in tal proposito. Fra le innumerabili opinioni false che nella nostra Italia sono generalmente avute per vere, non è, signor conte, la meno falsa quella che tanti s’hanno intorno alla lingua nostra, la quale da tanti e da tantissimi è senza il minimo scrupolo giudicata superiore in bellezza a tutte le lingue viventi e pareggiata eziandio con molto audace tracotanza alla lingua latina ed alla lingua greca. Come questa opinione sia nata e cresciuta e come siasi finalmente fatta universale nella contrada nostra, io gnene verrò toccando in questa ed in qualch ’altra mia futura lettera, e m’adoprerò il meglio che potrò a mostrarne con tutta evidenza la falsitá, provando che la lingua nostra non è, e non può peranco essere, nemmeno eguale, non che superiore, alle due famose viventi, la francese e l’inglese. La bellezza d’una lingua nessuno mi vorrá negare non consista prima di tutto nell’abbondanza de’ suoi vocaboli. — Dunque — mi risponderá Vossignoria con molta fretta, — dunque la disputa da questo canto è terminata, poiché basta gittar l’occhio sui