Pagina:Baretti - Prefazioni e polemiche.djvu/177

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un perfetto modello di vera politica saviezza: tanto il suo vano speculare sulla bellezza dell’esser principe, senza aversi una previa provigione di buona morale, gli torse l’ingegno e gli sconvolse il raziocinio !

Che Niccolò sia stato cieco a segno di stivare l’opere sue di precetti, di massime e d’assiomi riboccanti d’ogni tristizia, non è possibile si nieghi da chi non voglia fare d’ogn’erba fascio; e l’unica cosa che un suo parziale, quale io sono, possa dire per alleviargli la colpa di un tanto fallo, è l’ossers’are come piú d’uno de’ suoi critici avrebbe probabilmente pensato e scritto com’esso, se per disavventura sua fosse nato e vissuto a que’ suoi tempi, e avuto ingegno pari al suo, e fattosi a scrivere di cose politiche com’esso.

L’Italia formicolava a que’ suoi tempi d’una generazione di uomini, che non si reggevano con altra norma se non con quella che veniva loro prescritta dalla rabbia di rendersi principi. Bastava allora che un cittadino un po’ cospicuo si trovasse nello scrigno un certo numero di ducati, perché immediate formasse il bel disegno di rendersi almeno unico ed assoluto signore della propria patria.

Il metodo che veniva per lo piú seguito da ognuno che meditava intraprese di tal sorte, era di cominciar a rizzare una bandiera, chiamando ogni scapigliato a farsi soldato suo. Ragunatine cosi quanti piú ne poteva pagare, colui s’appigionava con essi, e sotto nome di «condottiere», a qualche repubblica o a qualche principe; e siccome l’Italia tutta era allora avvolta in tanta anarchia che i limiti del mio e del tuo non erano troppo noti a nessuno, e’ bastava che al condottiere venisse fatto, durante il tempo della sua condotta, d’accrescere il numero di quelli che militavano seco, perché, finita quella, egli se ne tornasse poi alla propia cittá con essi; dove giunto, e sbirciata una poca probabilitá d’insignorirsene, s’accingeva tosto a farlo, e senza che gli nascesse il minimo ribrezzo al pensiero di quel molto innocente sangue che bisognava pure spargere per venire a capo dell’empia faccenda. Né importava nell’atto dello strignerla che Tizio gli fosse amico e Sempronio parente e Caio benefattore,