Pagina:Baretti - Prefazioni e polemiche.djvu/191

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Questo mio dire si potrebbe provare con tanti esempi che sarebbe un subbisso; ma per non la menare lunga, si leggano soltanto le brutte cose che il gesuita Lucchesini e molt’altre signorie reverende hanno stampate contra il nostro Niccolò, e vedrassi quante hanno avuta la temerità d’inventarne per renderne la memoria odiosa e per indurre l’anime buone a non leggere li scritti suoi, attribuendogli perfino un amor grande verso quel diabolico duca Valentino. E qui noti il leggitore non italiano che io intendo solo parlare de’ frati nostri, fra i quali ve n’ha sicuramente troppi che sono peggio assai di birri, con molta nostra vergogna. È vero che n’abbiamo eziandio alcuni che sono uomini dabbene e incapacissimi d’impegolare la maschera della menzogna sulla faccia della verità; ma il numero delli sciagurati e de’ falsi è nondimanco tanto grande che, se Dio non vi mette la sua santa mano, e’ finiranno appunto di sconciare affatto il più bel paese di questo mondo. Tornando adesso alla legazione di Niccolò alla corte di Roma, dirò che anche queste trentasei lettere dovrebbono servir di modello a chiunque ha a scrivere in lettere di faccende pubbliche, essendo molto bello il divisamento in esse delle cose intomo alle quali vertono, e forbita e schiettissima la lingua nello scriverle adoperata.

3

Legazione a Lodovico decimosecondo re di Francia.

Non contenendo questa Legazione se non due brevi e non importanti lettere, non ne faremo altrimenti parola.

4

Legazione a Giampaolo Baglioni.

In quella sua gita al Baglioni una lettera sola ebbe Niccolò occasione di scrivere; ma e’ la scrisse in modo che la vale per cento, essendo forse la più bella che sia mai stata scritta nella