Pagina:Barrili - Come un sogno, Milano, Treves, 1889.djvu/284

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in quell’amore susurrato tra le ultime nebbie d’una balza solitaria, quasi libato tra un labbro di dormente e un timido raggio di luna?

Per un convegno fatto scherzando tra noi, le avevo posto il nome di Valentina. Era d’altra parte necessario che con qualche nome io pur la chiamassi, segnatamente in presenza della Rosa e del Cesarino, che erano ai nostri servigi. Ma un giorno, e in un momento di abbandono, parendole che io proferissi quel nome con soverchia intensità di affetto, ebbe come un lampo di gelosia.

— Perchè questo nome, che sarà probabilmente di un’altra? — gridò. — Chiamami Gel.... —

Ma si trattenne, e non volle più finir la parola.

— No, non badare; — ripigliò, precorrendo le mie istanze; — son pazza. Che importa il nome? È il cuore che fa. E il tuo