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XVIII.

Una corona di spine

Era uno degli ultimi giorni di maggio, il mese delle piogge frequenti e dei frequenti saluti del sole: piogge che rallegrano i campi e le colline, e tutta la bella famiglia delle erbe e delle piante; raggi che scaldano e rinvigoriscono la vegetazione ne’ suoi primi germogli.

La natura si risveglia alla nuova vita, e il suo mattino è bello di casta allegrezza. Il vento ardisce appena stormire nelle prime fronde, mutato in auretta leggiera e tiepida; la burrasca sua comare gli tien bordone, e tranquillamente s’assottiglia in un pioviscolo fecondatore; il sole, antico padre di tutti, s’intromette di tanto in tanto in quella festa di famiglia, ed accarezza la natura bambina. L’aria, rinfrescata dalla pioggia, riscaldata dal sole, si conforta di tutte quelle essenze odorate che svaporano di continuo dal calice dei fiori selvatici, e si fa messaggera dei loro primi e fecondi baci d’amore. Per tutte le colline c’è sorriso di luce, di verde e d’aria purissima. Le strade della città, gaie pei raggi di sole e per la frequenza dei viandanti, mostrano anch’esse la loro primavera.

Ma all’ultimo piano della casa Ceretti, nel quartierino abitato da Lorenzo Salvani, erano gli ultimi giorni d’autunno; le foglie della speranza ingiallite cadevano dai rami, e vi soffiava per entro il vento gelato della tristezza.

Lorenzo da parecchi giorni era cupo, irrequieto, come uomo assalito ad un tratto da molesti pensieri. E peggio che molesti pensieri, erano sventure che incalzavano d’ogni parte. La povertà picchiava all’uscio di casa con tutto il suo corteggio di vergogne e di tribolazioni. Nè si doleva egli tanto per sè, quanto per la bella Maria; per la fanciulla commessa alle sue cure, alla sua vigilanza paterna; per Maria, povero fiore condannato forse a perire, mentre la sua bellezza lo faceva degno di risplendere all’aperto e innamorare un nobile intelletto. Era questo il pensiero che struggeva Lorenzo; ed egli si doleva amaramente con sè medesimo di non aver saputo provvedere in tempo alle cose sue, per proseguire l’opera santissima de’ suoi genitori.

Se dal pensiero di Maria, correva a meditare sulle proprie